Si legge nella gazzetta ufficiale del 17-3-2 che trovano ufficialmente indicazione per la SARS-Covid19, dei medicinali a base di: clorochina, idrossiclorochina; lopinavir/ritonavir, danuravir/cobicistat, darunavir, ritonavir  e sono a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Sono farmaci già noti in uso per altre patologie. La loro indicazione per il trattamento della malattia da coronavirus non è più compassionevole o come si dice tecnicamente  “ off label”: al di fuori delle indicazioni per cui erano stati messi a punto e testati. L’AIFA ha prontamente agito inserendo la loro prescrivibilità a carico del servizio sanitario nazionale con la distribuzione da parte delle farmacie ospedaliere che devono poi trasmettere i dati dei pazienti per la preautorizzazione all’AIFA stessa.  Una simile procedura è già in uso per malattie come l’HIV e la epatite C.

I farmaci sono alcuni antivirali in uso per l’ HIV. Inoltre trovano indicazione degli antimalarici conosciuti da tempo rinforzati da un noto antibiotico la azitromicina. Non è una novità assoluta in quanto queste terapie erano  già in studio in centri specialistici di tutto il mondo per la SARS Covid19. Sono medicine valide nelle fasi precoci della malattia ma hanno importanti effetti collaterali. Abbiamo notizie di pazienti ricoverati in centri specialistici, per la polmonite da coronavirus che sono stati sottoposti a tali terapie e hanno avuto effetti collaterali importanti.  In alcuni casi la terapia non ha impedito il ricorso alla assistenza respiratoria in rianimazione ma sembra che la prognosi sia migliore.

Ho dubbi sulla  opportunità che la gestione di questi farmaci venga affidata ai medici di famiglia, i quali generalmente non hanno esperienza con gli effetti collaterali e non possono eseguire frequenti visite domiciliari. D’altro canto i pazienti positivi al virus con pochi sintomi non debbono affollare gli ospedali, già vicini al collasso, ma devono rimanere a casa. Per i necessari controlli e modulazione della terapia non è bene poi che essi escano di casa per recarsi in un ambulatorio specialistico, con il rischio di spargere l’infezione. Forse sarebbe opportuno creare equipe specialistiche nel territorio adeguatamente istruite e protette che seguano questi pazienti a domicilio e possano eventualmente decidere un ricovero in ospedale.

Certamente ora ancora di più diventa importante eseguire i tamponi al primo sintomo o nei cosiddetti contatti come già raccomandato dalla Organizzazione Mondiale della sanità, per permettere una diagnosi precoce. E’ in questa direzione che si devono indirizzare gli sforzi del nostro sistema sanitario e le ingenti risorse economiche necessarie.

All’orizzonte intanto si intravedono i vaccini. Ne stanno testando una cinquantina.

 di Dott. Girolamo Capece – Già Chirurgo Toracico dell’Ospedale Forlanini- S. Camillo