I dati del coronavirus sono ancora impietosi e non bisogna abbassare la guardia. Stanno arrivando molti autorespiratori. Una unità di terapia intensiva con autorespiratore però, è una postazione ad altissima complessità tecnologica e per gestirla occorre un medico rianimatore, infermieri altamente specializzati e assistenti sociosanitari divisi in tre turni al giorno. Il personale sanitario del turno di notte deve riposare 24 ore per non rischiare a causa della stanchezza la propria e altrui incolumità e “dovrebbe” avere poi un giorno di riposo. L’equipe sanitaria deve eseguire manovre complesse e delicate. Ancora più difficili in quanto gli operatori devono indossare doppi guanti, tuta completa fino al capo occhiali protettivi, maschera con filtro antivirale. Questo abbigliamento impaccia i movimenti e ha scarsa traspirazione. Non c’è possibilità per tutte le ore del turno, di prendere un bicchiere d’acqua o andare al bagno perché una svestizione e successiva vestizione comporterebbe una notevole perdita di tempo e consumo di materiale di protezione che tra l’altro scarseggia. Il lavoro è massacrante e rischioso, per esempio, per girare in sicurezza e fare respirare un paziente in posizione prona ( a pancia in giù), al fine di migliorare la ventilazione polmonare, servono dalle 5 alle 7 persone. Il 9% del nostro personale medico viene contagiato e quindi viene escluso dal servizio. 51 medici sono morti per salvare le vite degli altri e tanti altri rischiano costantemente la vita nelle corsie insieme agli infermieri. Questa è una situazione simile a quella che si verifico esattamente 80 anni fa nei cieli di Inghilterra. La Aviazione per difendere la nazione, aveva gli aerei ma i piloti erano sempre più scarsi perché morivano in battaglia. Wiston Churchill nel 1940 ebbe a dire che “Mai fu dovuto così tanto da così tanti a così pochi”. Per formare un medico rianimatore occorrono 6 anni di università, 5 di specializzazione e anni di esperienza sul campo.
Arrivano aiuti da Cinesi, Russi e Cubani che ci hanno inviato materiale e equipe specializzate. Penso con gratitudine a quei “ ragazzi “cinesi, che dopo essere scampati a casa loro vengono a rischiare la pelle qui da noi o ai Cubani che hanno visto in faccia una morte chiamata Ebola e ora sono qui a lottare con noi. Negli anni passati si è deciso di tagliare e risparmiare proprio sulla sanità, incuranti della possibilità di epidemie, nonostante gli avvertimenti da parte del mondo scientifico. Si è pensato ad altro. Ora tamponiamo il presente ma impariamo la lezione che ci viene da questo mostro di nome Covid19.
Un altro dei problemi importanti che tutti gli infettivologi ci segnalano è la necessità di una diagnosi precoce che ci permette di proteggere la comunità e curare meglio il singolo. Molte persone sono asintomatiche ma un vantaggio nei tempi di diagnosi si può ottenere dal rilevamento della saturazione di ossigeno nella emoglobina: la proteina che nei globuli rossi trasporta l’ossigeno. Esiste da molti anni in commercio un apparecchietto in plastica, portatile, delle dimensioni di circa 6 cm per 3, in cui inserendo l’utima falange di un dito è possibile verificare la saturazione di ossigeno istantanea: il saturimetro, detto anche pulso ossimetro. Esso ci dà anche la frequenza cardiaca e evidenzia irregolarità del ritmo. Costa poco e per il nostro servizio sanitario sarebbe una spesa molto inferiore a quella necessaria per una terapia settimanale di molte malattie croniche. Fornirlo alle persone a rischio per patologie croniche e età, sarebbe un grande beneficio per il singolo e un ottimo investimento per la nostra comunità. Un letto di terapia intensiva costa infatti più di 1000 euro al giorno ed evitare con la diagnosi precoce e la riduzione dei contagi o un ricovero in rianimazione, oltre al beneficio per la qualità di vita del paziente, sarebbe anche un vantaggio economico per la comunità.
Dott. Girolamo Capece – Già Chirurgo Toracico dell’Ospedale Forlanini- S. Camillo