Nella storia del secondo dopo guerra mai come in questi ultimi anni l’élite politica, pur cosi scarsamente rappresentativa delle articolazioni sociali, è stata tanto onnipotente nella gestione della cosa pubblica: Il risultato è stato una vera e propria regressione oligarchica della nostra democrazia, la quale a sua volta ha prodotto non solo il dissolvimento delle politiche di welfare ma anche – sul piano civico e istituzionale – la polverizzazione dei circuiti virtuosi tra aspettative dei cittadini e risposte del sistema politico.

La fine dei partiti intrisi di ideologie del Novecento, invece di aprire le porte alla modernità, sembra aver generato figli mostruosi: un leaderismo ambiguo, fatto di cinismo che non concede ai suoi avversari neppure un minimo di coscienza critica e di buonafede.

La politica sta diventando uno strumento di distruzione e non di costruzione.

L’Italia sta lentamente declinando, nel Mezzogiorno la disoccupazione giovanile è al 60 per cento: Nel Paese l’esercito dei senza lavoro ha raggiunto la dimensione impressionante di tre milioni e quattrocentottanta mila persone: è il dato più alto dal 1977. Per la prima volta sono diminuiti perfino i consumi alimentari. Sta nascendo davvero un’altra Italia, ma rischia di essere infinitamente peggiore di quella nella quale siamo nati e abbiamo vissuto.

La sconfitta più grave è stata inferta alle giovani generazioni, alle quali è stato sottratto l’ascensore sociale che consentiva ai meritevoli di farsi largo nella vita. L’ascensore sociale si è inceppato: tutto è affidato alle relazioni, il merito non conta più. La politica offre l’esempio peggiore: non ci sono gradini che qualcuno potrebbe salire con le proprie forze. Si diventa parlamentari attraverso la nomina decisa dal leader e ministri per cooptazione. La competenza non è richiesta e si vede dalla scelta dei titolari di certi ministeri.

La famosa rottamazione si è rivelata un gioco di potere: sono state rottamate alcune persone ma si è conservato intatto il meccanismo che ha trasformato la politica nell’affare di una casta.  L’Italia di oggi ci sembra soprattutto un paese frastornato e impaurito.

Il dato più preoccupante, oggi, sullo stato di salute dei principi e delle procedure della nostra democrazia è la progressiva disaffezione della maggioranza dei cittadini nei confronti delle istituzioni politiche nazionali e locali. Iniziata come delusione per il modo in cui i politici hanno gestito per decenni la cosa pubblica, essa è poi diventata volontaria autoesclusione da ogni forma di partecipazione ai processi decisionali collettivi, con la conseguente cessione di sovranità a ristretti ceti di partito e di governo.